La tecnologia influenza da sempre il mondo del lavoro, si tratta comunque di una storia recente in quanto le più grandi invenzioni non sono più vecchie di 150 anni, basti pensare alla televisione, al telefono, all’automobile e più recentemente al personal computer e Internet, portando ad uno sviluppo della qualità della vita e della produttività in termini lavorativi senza precedenti. Recentemente Barclays, celebre banca britannica, ha misurato la produttività a partire dal 1760, con lo scopo di mettere in luce proprio come la tecnologia abbia influenzato positivamente la produttività stessa. La scelta del 1760 non è stata assolutamente casuale in quanto si tratta del decennio in cui fu brevettata la macchina a vapore: Barclays ha arbitrariamente assegnato a questo decennio un indice di produttività pari a 100. Da quegli anni fino alla fine dell’ ‘800 la produttività incominciò timidamente ad aumentare, per poi impennarsi fino ai giorni nostri: secondo la banca, l’indice attuale ha raggiunto quota 3000, un aumento di 30 volte rispetto a quello di fine ‘800.

Tuttavia, il tanto decantato sviluppo tecnologico è caratterizzato da pareri contrastanti circa la sua utilità: da un lato i promotori e tutti coloro che di tecnologia non possono fare a meno esprimono senza ombra di dubbio un parere favorevole nei confronti della tecnologia stessa al punto da sentirsi letteralmente “persi” qualora non ne disponessero; dall’altro lato invece, troviamo coloro che temono l’avvento della tecnologia per un motivo ben preciso, ossia la sua capacità di sostituirsi all’uomo inteso come forza lavoro. Tale timore ha un fondamento storico, infatti, fin dai tempi dell’impero romano i regnanti hanno sempre cercato di sopprimere lo sviluppo tecnologico onde evitare che buona parte della popolazione rimanesse senza lavoro. Questa concezione ha regnato fino alla rivoluzione industriale, dove ci si è resi conto dei benefici che lo sviluppo tecnologico avrebbe portato alla comunità. Con l’introduzione della macchina a vapore e successivamente della catena di montaggio, aumentò la complessità dei prodotti finiti e la velocità di produzione: in questo modo gli operatori cosiddetti “a bassa specializzazione” beneficiarono della riduzione della fatica fisica a proprio carico e di un aumento dei salari, trasformandosi da artigiani addetti alla produzione singola a operai addetti al supporto della catena di montaggio. Con l’avvento dell’energia elettrica poi, si diffuse la concezione che lo sviluppo tecnologico avrebbe richiesto l’innalzamento delle competenze necessarie a favore di lavoratori con un livello di istruzione più elevato, in quanto le macchine sostituirono l’uomo in molte operazioni, ma necessitavano di personale maggiormente qualificato.

Dagli anni ’80 a oggi i casi in cui le macchine hanno soppiantato l’uomo sono aumentati: non solo in diverse mansioni di routine, ma anche per quelle che necessitano di una bassa componente cognitiva. Soprattutto dopo l’avvento del World Wide Web negli anni ’90, in America si è assistito a un fenomeno di polarizzazione del lavoro, ossia una richiesta di lavoro maggiore in quelle mansioni non routinarie di basso livello e in quelle di alto livello così dette “high skilled”, creando in questo modo una disparità di reddito sempre più marcata.

Quello che ne deriva da tutto questo è cosa certa: con il passare degli anni è aumentato e aumenterà sempre di più il bisogno di personale qualificato (di qualunque livello esso sia), il che porta a rivedere e non a sostituire quelle che sono le mansioni odierne di molti lavoratori. Fino ad oggi infatti non è mai stato documentata in maniera esatta una disoccupazione correlata alla crescita del livello tecnologico della società, in particolare in ambito aziendale e industriale se vogliamo riferirci agli ultimi anni: ciò fa ben sperare in vista di un futuro in cui le macchine sostituiranno l’uomo e lo collocheranno allo stesso tempo in altre mansioni più qualificate. Senza contare che l’aumento della produttività e quindi del reddito saranno promotori di nuovi investimenti, ossia nuove opportunità lavorative in moderni settori.

Marco Serico