Il tema della sicurezza informatica e, in particolare, dei cyber attacchi è approdato nei giorni scorsi al Parlamento Europeo. Un passaggio praticamente obbligato considerando che quasi l’80% delle imprese europee ha avuto a che fare almeno una volta con problematiche legate alla sicurezza informatica, con l’aggravante che molti di questi problemi non sono rilevati e/o non segnalati.
A Strasburgo si è deciso per una risoluzione non legislativa sul tema degli attacchi informatici, col voto favorevole di 603 deputati (27 i voti contrari e 39 gli astenuti). Nel dibattito che ha portato alla votazione è spiccata la necessità di fronteggiare la criminalità informatica con atti preventivi e con la raccolta di esperienze da parte degli Stati Membri, delle autorità giudiziarie e delle forze di polizia per facilitare a sua volta la raccolta di prove.
L’azione congiunta degli Stati Membri è il punto di forza per fronteggiare questa minaccia che ha natura transfrontaliera, le misure adottate dovranno quindi essere comuni, condivise e potenziate da una maggiore collaborazione tra Governi, autorità giudiziaria e polizia. Un’idea questa che si basa su esperienze già vissute dove le misure precauzionali prese dai singoli utenti, dalle istituzioni pubbliche e dalle imprese, nulla hanno potuto contro la criminalità informatica portando a galla una notevole mancanza di conoscenze e di risorse.
I parlamentari europei, nel documento approvato, condannano non solo gli attacchi informatici alle infrastrutture strategiche UE e alle imprese, ma anche chi consuma materiale pedopornografico online. La condanna, inoltre, è espressa nei confronti di chiunque, singolo hacker o organizzazione criminale internazionale, interferisca direttamente nella vita politica di un Paese interrompendo di fatto il normale svolgersi delle dinamiche democratiche interne. Nello specifico, gli eurodeputati si sono accordati per attuare misure quali: l’intensificazione dello scambio di informazioni tramite Eurojust, Europol ed ENISA; l’eliminazione immediata dei contenuti illeciti online sulla base di una regolare procedura giuridica o, se la rimozione risulta impossibile, il blocco dell’accesso a tali contenuti a partire dal territorio dell’Unione; l’investimento in formazione; la promozione dell’uso della cifratura e altre tecnologie a sostegno della sicurezza e della vita privata; l’impiego dei fondi UE per la ricerca basata sul software libero e open source a favore della sicurezza informatica. Non manca poi la creazione di banche dati, l’accesso legale alle informazioni da parte delle autorità di contrasto, l’impegno nell’attività della cosiddetta “pirateria etica” e nella segnalazione dei contenuti illegali.
Sara Avanzi