La tecnologia a portata di bambino è un dibattito sempre aperto sotto molti punti di vista. Da un lato l’aspetto familiare ossia quella condizione che mette più che mai a dura prova i nervi saldi del più severo dei genitori che deve rispondere alle richieste sempre più onerose dei figlioletti; dall’altro lato c’è l’aspetto etico, morale e tutte le varie ed eventuali secondo cui si rischia col tempo di allontanare l’essere umano dalla capacità di sviluppare le relazioni interpersonali (presupposto indispensabile per apprendere l’empatia). Mettiamoci pure un terzo lato, quello della sicurezza, perché le tecnologie si evolvono e invadono anche un universo candido e puro come quello dei giocattoli per bambini. Una volta il must era la bambola che apriva e chiudeva gli occhi a seconda della posizione eretta o supina che le si faceva assumere; oggi, le bambole ridono, piangono, modificano l’espressione del viso, gesticolano, raccontano storie, pongono domande, interagiscono, osservano e APPRENDONO!!! L’aspetto smart è da qualche anno approdato anche nel comparto giocattoli dando ad essi la possibilità di sfruttare la rete per esercitare le sopra elencate funzioni avanzate: i moderni giocattoli sono così dotati di luci, sensori di prossimità e movimento, microfoni, telecamera e speaker, il tutto programmabile e gestibile via wireless o via bluetooth tramite smartphone e tablet.

Sicuramente sono tanti gli aspetti positivi associati a questa tipologia di giocattoli, come per esempio, il fatto che permettano di stimolare l’apprendimento attraverso il divertimento. Una nobile causa dunque, ma come in tutte le cose bisogna fare i conti con l’altro lato della medaglia che, secondo il nostro punto di vista, è la citata sicurezza. Molti smart toys, difatti, raccolgono e immagazzinano informazioni importanti come date di nascita, dialoghi, immagini del bambino e dell’ambiente domestico nel quale si muovono. In sostanza, la stessa funzione che permette alla bambola di percepire il buio e mettersi a fare la nanna diventa un’informazione sulla nostra assenza o riposo (= vulnerabilità).

Date le premesse, e visto il recente passaggio di Babbo Natale, è ora normalissimo che il nostro lettore si stia ponendo una sfilza di domande: che dati raccoglie lo smart toys che abbiamo appena comprato? L’azienda di riferimento come li gestisce e li archivia? Che utilizzo ne fa? Con chi li condivide? E per chi mastica un po’ di sicurezza informatica, le domande diventano ancor più specifiche: i dati sono protetti in base ai più sicuri sistemi crittografici? Quanto facilmente possono essere intercettati da soggetti terzi? È stato chiesto il consenso del genitore? La connessione a Internet è protetta da password? Ecc. ecc.

Il giocattolo è così entrato a far parte della sempre crescente famiglia dell’Internet delle Cose. Un fenomeno a molti ancora sconosciuto pur essendo parte della nostra quotidianità. Purtroppo, capita che il genitore che fa l’acquisto non conosca effettivamente le potenzialità del giocattolo, figuriamoci se può comprenderle a pieno il bambino che lo riceve! L’approccio al giocattolo per genitore e figlio avviene dunque con atteggiamento ingenuo e fiducioso. Pensiamo per esempio all’opzione di registrazione: essa consente al genitore che si trova in un’altra stanza di ascoltare (controllare) cosa stia facendo il proprio bambino…”Che tenera”, “Che buffo!” … “Non posso non condividerla su Facebook!” Il passaggio è brevissimo e non tiene conto del fatto che consegnando tali dati nelle mani di terzi non si è più al sicuro ☹.

Ma torniamo a ricordare la ragione del nostro acquisto: a meno che non si sia trattata di una risposta a un capriccio, sicuramente lo scopo educativo è il motivo trainante (abbiamo detto che tali giocattoli stimolano l’apprendimento…). Ci piace l’idea di lasciarvi con una riflessione: davanti ad una bambola che non parla il bambino può usare l’immaginazione, può darle una voce e un’intonazione, può inventare una storia, suggerirle una risposta e tessere un dialogo. Il gioco è dunque quella dimensione in cui, per capirci, due sedie con una coperta sopra diventano la capanna ideale. È giusto allora enfatizzare la conoscenza e la memorizzazione a scapito dell’immaginazione e della relazione?! Il dibattito continua…

Sara Avanzi