Dopo l’abbandono di TIM da parte di Flavio Cattaneo le acque sembrano essersi calmate, ma fino a pochi giorni fa si è disputato uno scontro davvero acceso tra la famosa società telefonica controllata dal gruppo francese Vivendi (di Vincent Bollorè) e il Governo italiano.

Fulcro d’interesse generale: la banda ultra larga a filo rapido Ftth (100 mega di velocità massima). Motivo della contesa: le pubbliche gare d’appalto Infratel atte all’installazione di impianti tecnologici nelle “aree bianche”, ossia le aree del paese più depresse e meno convenienti per un investitore. Lo screzio nasce da un cambio di rotta di TIM, che ha annunciato l’intenzione di investire autonomamente (senza sovvenzioni statali), attraverso la società Cassiopea, su un appalto inizialmente snobbato e definito di scarso interesse. Il punto è che nel frattempo, due delle tre gare d’appalto Infratel sono state aggiudicate a Open Fiber, nata dall’alleanza tra Enel e Cdp. Il primo appalto, i cui cantieri hanno aperto qualche giorno fa, vale 4 miliardi di euro e prevede l’installazione della banda ultra larga per le zone periferiche di sei Regioni d’Italia; il secondo 1,2 miliardi, ma è tuttora da ufficializzare. La terza gara, che deve ancora partire, vale tra i 4 e i 500 milioni.

L’accusa nei confronti di TIM è quella d’essersi fatta arrogantemente avanti quando le trattative erano già in corso, presentando inoltre ricorsi alle autorità amministrative e giudiziarie al solo scopo di ostacolare i competitor e mantenere la supremazia. Così l’Antitrust ha aperto un procedimento contro il gigante della telefonia per “possibile abuso di posizione dominante”, indagandolo anche per presunto accaparramento preventivo di clientela utilizzando mezzi anti-concorrenziali. TIM si è difesa affermando d’aver agito legalmente, e “rigirando la frittata” ha dichiarato che i sospetti nati nei suoi confronti scaturiscono da un complotto organizzato dalla concorrenza, che nell’arco di un tempo brevissimo avrebbe inoltrato un’enorme quantità di esposti al solo scopo di sabotare il suo investimento.

Il procedimento Antitrust contro TIM si concluderà entro il 31 ottobre 2018, ma ad opporsi alla società telefonica vi sono anche Infratel e l’impresa controllante Invitalia, di proprietà del ministero dello sviluppo economico. I rappresentanti di queste due aziende, infatti, nel corso di un’audizione al senato avevano assicurato che l’interesse pubblico sarebbe stato tutelato, facendo poi notare che, per quanto riguarda gli sviluppi delle aree bianche, TIM si era limitata esclusivamente a dichiarazioni, senza apportare alcun reale investimento. Nel corso di questa diatriba è intervenuto in modo piccato anche Carlo Calenda. Ad infastidire il ministro dello sviluppo economico sono le accuse dell’AD di TIM, il quale a fine giugno in parlamento si spinge ad affermare che le gare d’appalto in questione sono state costruite apposta per favorire la concorrenza. “Le affermazioni rese oggi dall’Amministratore Delegato di TIM”, aveva risposto Calenda, “sono gravi ed inaccettabili tanto più in quanto rese in una sede istituzionale. I bandi Infratel, a cui peraltro TIM ha partecipato insieme ad altri operatori, sono stati strutturati nel pieno rispetto delle regole nazionali ed europee. Sono certo che la società tornerà immediatamente ad utilizzare, nei rapporti con il Governo, un linguaggio consono”.

In ogni caso, ora che Cattaneo ha lasciato i vertici TIM e il progetto d’investimento autonomo è stato accantonato, la situazione di tensione tra la compagnia telefonica e governo italiano sembra essersi placata. L’impresa di Vincent Bollorè è impegnata nel riorganizzare la propria struttura aziendale, e si spera da ciò possa nascere un nuovo tipo di collaborazione con il nostro governo; collaborazione da cui tutti gli italiani potrebbero trarre beneficio. Infatti, al presente, lo scenario che si prospetta in Italia per lo “sviluppo banda ultra larga” non è dei migliori. Secondo i dati rilevati da Infratel nel 2017, allo scopo d’aggiornare la mappatura delle aree grigie e nere NGA, gli investimenti privati rallentano: non crescono quelli per la copertura oltre i 100 Mbps in download e 50 Mbps in upload, e diminuiscono fortemente quelli per i 30 Mbps in download e 15 Mbps in upload. Conseguenza di ciò è una nascita di nuove aree bianche corrispondente all’8,2% del totale delle unità immobiliari italiane. Sempre riportando i dati Infratel, la percentuale di popolazione italiana attualmente in possesso di fibra è solo il 2,77%, una cifra davvero irrisoria se si considera che, secondo gli obiettivi dell’Agenda digitale europea 2020, tutta Italia dovrebbe essere coperta da banda ultra larga entro pochi anni.

 

Marcello Argenti