Dalle parole ai fatti: a distanza di qualche mese dai rumors creati dalla questione di rilevanza internazionale, meglio conosciuta come “scandalo Cambridge Analytica”, è arrivata per Facebook la prima multa. A decretare la sanzione sono stati gli inglesi annunciando una multa preliminare di 500mila sterline (565mile euro), ossia l’ammontare massimo consentito; la colpa imputata a Facebook non poteva che essere l’assenza di sufficienti protezioni della privacy e minime attenzioni che avrebbero potuto impedire a Cambridge Analytica di manipolare l’opinione pubblica…e in mezzo c’è finito anche il voto in favore della Brexit nel 2016. In realtà non si tratta di una multa “definitiva” in quanto l’Ufficio del Commissario sulle Informazioni, ossia l’agenzia di controllo dei dati britannica, sta discutendo ulteriormente sulla questione Facebook. Molto probabilmente, tale mancanza di misure definitive è dovuta al fatto che secondo la Commissione (ICO), le ricadute dello scandalo Cambridge Analytica sono solo agli inizi e la stessa Facebook sta collaborando nello svolgimento delle indagini con l’ICO, così come con le autorità degli altri paesi.

Nello specifico, in un rapporto di circa 40 pagine, i regolatori britannici hanno posto l’accento sul fatto che Facebook abbia fondamentalmente permesso a Kogan, ricercatore dell’Università di Cambridge, di creare un’app che raccogliesse dati sugli utenti del social e sui loro amici per conto di Cambridge Analytica. Allo stesso modo, gli investigatori britannici hanno poi criticato il fatto che Facebook non sia riuscito ad adottare delle adeguate misure di sicurezza onde evitare che sviluppatori di app di terze parti abusassero dei dati social. Secondo l’agenzia britannica, l’attività di Kogan potrebbe essere stata interrotta già nel 2014. Specifiche sanzioni sono ancora al vaglio dell’agenzia britannica nei confronti di Kogan e Nix, l’ex amministratore delegato di Cambridge Analytica, oltre a un procedimento penale contro la casa madre, SCL Elections.

L’epilogo di questa faccenda sembra dunque essere piuttosto lontano: uno scandalo di questa portata ha condotto i britannici a fare il cosiddetto “pelo e contropelo” al social più famoso al mondo. A quanto pare l’indagine condotta oltremanica avrebbe portato a prove che copie di dati o parti di essi siano state condivise con altre parti e su altri sistemi, smentendo l’affermazione di Cambridge Analytica secondo cui i dati erano stati cancellati nel 2015.

Sara Avanzi