La tecnologia al lavoro è diventato un argomento piuttosto dibattuto: da un lato vi sono gli estimatori che riconoscono tutti i benefici associati alla tecnologia stessa soprattutto se si lavora in mobilità secondo le modalità del cosiddetto smart working; dall’altro lato possedere dei dispositivi connessi può essere fonte di distrazione e, di conseguenza, può comportare un calo nella produttività. A portare avanti quest’ideologia vi è un gigante del software come Microsoft.
Il rapporto di Microsoft prende in esame le opinioni di lavoratori dislocati in 21 nazioni europee: tra questi, un primo dato allarmante che è stato rilevato è che solo l’11,4% da dichiarato di sentirsi molto produttivo. Nello specifico il rapporto afferma che la quantità infinita di aggiornamenti e notifiche provenienti dai social media e non solo, ha reso i lavoratori meno produttivi. Secondo Microsoft il problema di base è rappresentato dal concetto di “flessibilità lavorativa” adottato da molte aziende e secondo il quale le persone che lavoravano più a lungo sarebbero le più produttive. Tuttavia, essere costantemente connessi ha alimentato l’aspettativa che il personale debba rispondere a tutte le ore a messaggi e altre richieste. In sostanza manca una sorta di compromesso: Microsoft suggerisce a tal proposito una corretta “cultura digitale” in azienda al fine di migliorare la produttività dei lavoratori e aiutarli a sentirsi più coinvolti. Nel concetto di cultura digitale che si vuole trasmettere, l’azienda deve in primis far emergere il modo in cui viene identificata e utilizzata la tecnologia: ciò comporta che le organizzazioni sappiano cosa vogliono fare con il software e i sistemi da loro adottati e debbano fornire allo staff una formazione adeguata e aiuto per utilizzare al meglio la tecnologia. In questi contesti i dati rilevati sono decisamente cambiati, segnando un raddoppio nel valore delle persone che si sentono altamente produttive al lavoro, dall’11% circa al 22%. Alcune buone pratiche di cultura digitale sono:
- mettere dei limiti alla posta elettronica, concentrando risposte e invii nel solo orario di lavoro;
- sondare la felicità dei dipendenti in rapporto alla tecnologia e agire sui risultati;
- dare importanza all’organizzazione della giornata lavorativa per ottenere una maggiore concentrazione;
- prendere in considerazione di vietare l’utilizzo degli smartphone durante le riunioni;
- formare i dipendenti sui i pro e i contro della tecnologia, compresa la gestione e l’utilizzo dei social media;
- incoraggiare il personale a fare delle pause, a evitare il lavoro dopo l’orario di lavoro stesso e a prediligere la comunicazione di persona piuttosto che quella digitale.
Vista l’indubbia utilità della tecnologia al lavoro, è impensabile eliminarla, tuttavia essa può essere fonte di un particolare fenomeno denominato technostress qualora alcune buone prassi come quelle citate non vengano applicate. Il termine technostress fa riferimento alle conseguenze negative dell’adozione di nuovi sistemi o software per computer che hanno il potere di rendere i lavoratori meno produttivi in quanto ne vengono sopraffatti (le interruzioni di cui si parlava poco sopra). Per capire la portata di questa tipologia di stress basta fare una semplice considerazione: in passato i lavoratori erano in grado di concentrarsi sul lavoro mentre erano effettivamente al lavoro e di pensare alle loro vite personali in altra sede. Oggigiorno questa differenza non è più possibile in quanto i dispositivi dotati di app per comunicare mantengono una sorta di flusso costante così che i messaggi di lavoro e quelli personali vengano notificati 24 ore al giorno. È difatti impossibile non cedere alla visualizzazione del messaggio in questione al fine di eliminare il cerchietto rosso della notifica che appare sull’icona dell’app. Il technostress è quindi un fenomeno da non sottovalutare che può costare caro a un’azienda.
Posto che la tecnologia è in costante mutamento è lecito attendersi che essa padroneggerà sempre di più la nostra vita quotidiana, con un conseguente aumento dei “danni” come il technostress. Meno veloce in termini di tempistiche d’attuazione è il cambiamento culturale…che sia il caso di affrontare il technostress fin da subito?!
Sara Avanzi