Una delle grandi domande che si pongono le aziende del corrente secolo, soprattutto con riferimento al settore IT. Da una ricerca commissionata da Ricoh a Censuswide risulta che la mancata innovazione in ambito IT può limitare il fatturato delle imprese in modo significativo. L’indagine è stata condotta su un campione di mille aziende europee di medie dimensioni (numero di dipendenti compreso tra 50 e 500) e situate, nello specifico, nel Regno Unito, Germania, Francia, Italia e Spagna.
Dalla ricerca emerge come il 90% dei decision maker interpellati identifichi la mancanza di innovazione tecnologica come una delle principali cause della perdita di fatturato. Questa perdita si attesterebbe in media a 13 milioni di euro per ogni azienda. Le aziende, inoltre, affermano che le entrate potrebbero aumentare del 15% (o più, come nel caso italiano dove è stato identificato un valore medio del 18%) grazie alle tecnologie. Si è dunque cercato di capire quali fossero le principali cause della mancanza di innovazione IT. Tre i fattori principali secondo gli intervistati:
- implementazione e formazione inadeguate – 42% del campione;
- mancanza di fornitori in grado di proporre prodotti e servizi che rispondano alle esigenze – 33%;
- difficoltà del reparto IT nell’identificazione di prodotti e servizi interessanti.
Diversamente dalle aspettative (nostre :D), le limitazioni di budget sono risultate un ostacolo solo per il 12% degli intervistati.
Nonostante le medie aziende intervistate abbiano riconosciuto le perdite derivanti dalla mancata innovazione IT, il 79% di esse ha comunque già raggiunto gli obiettivi di vendita a metà anno e tra queste quasi tutte riconoscono che la tecnologia abbia contribuito a questo successo migliorando la collaborazione e la comunicazione tra i dipendenti (59% del campione) e consentendo di ridurre i costi (53%). Il rimanente 21% che non ha raggiunto il target individua come causa principale dell’insuccesso il contesto macroeconomico.
Ritorniamo a dare uno sguardo al nostro paese e scopriamo che la visione in parte ottimistica presentata dalla ricerca non è ahinoi rispecchiata. Consideriamo innanzitutto che l’Italia ha la peculiarità di basare il sistema economico sul 98% di aziende micro, piccole e medie. Se da un lato queste piccole dimensioni sono positivamente un segnale di elasticità e flessibilità, dall’altro condizionano la spinta propulsiva verso l’innovazione. Gli imprenditori che dovrebbero progettare e attuare questi processi sono spesso soli, devono guidare l’azienda e al contempo lavorarci. Per non parlare del fattore culturale-anagrafico: in Italia la classe imprenditoriale medio-piccola e artigiana sta invecchiando. Le aziende “storiche” non innovano, o lo fanno in misura ridotta, perché chi le guida pensa all’immediato futuro personale della pensione piuttosto che a quello strategico della ditta. Pertanto sarebbe già una gran cosa se gli imprenditori nostrani si ponessero la domanda “Investimenti IT: perdita o guadagno?” 😉.
Sara Avanzi